Berlinale 2021, giorno 1. Esistenze sradicate

Un tempo, appena un anno fa, a proposito della Berlinale o di qualunque altro Festival cinematograficoa, avremmo parlato di una prima giornata di “proiezioni”. Difficile, se non impossibile, utilizzare il medesimo termine per delle visioni che, invece, si stanno godendo stando seduti nel proprio soggiorno o nel proprio studiolo, delle immagini che vengono rimandate in direzione della nostra retina dallo schermo televisivo o dal PC appoggiato sulla nostra scrivania. Ma quest’anno, e si spera mai più, come detto nell’articolo di presentazione, la Berlinale si svolge in questa modalità: tocca, quindi, farsene una ragione e provare ad accontentarsi di questo surrogato di Festival, vissuto senza il minimo stress ma, contestualmente, con lo spirito deprivato di buona parte del suo entusiasmo. Se il Covid-19 ricaccia artisti, addetti ai lavori e pubblico lontano da Postdamer Platz, allo stesso modo le vicende di alcuni dei film che abbiamo scelto di vedere, attingendo da una selezione molto ampia, benché numericamente ridotta, ci hanno mostrato storie di personaggi che, per motivi diversi, si trovano a vivere la condizione di sradicamento, costretti ad abbandonare le loro terre d’origine. Di seguito, comunque, proviamo a fare la sintesi della giornata, in cui erano disponibili sulla piattaforma della Berlinale, tra gli altri, i primi tre film del Concorso, su uno dei quali (Introduction di Hong Sangsoo), ancora sotto embargo stampa, non è possibile per ora fornire alcuna informazione.

Berlinale 2021: Dominik Graf und Maria Schrader im Wettbewerb | NDR.de - Kultur - Film

I am your man di Maria Schrader (Concorso): Terzo lungometraggio di un’attrice tedesca che nel 1999 aveva vinto l’Orso d’argento per la sua interpretazione in Aimée & Jaguar di Max Färberböck, il film ruota intorno ad Alma, una ricercatrice del Museo Pergamon di Berlino, che accetta di sottoporsi a un esperimento scientifico e di portarsi a casa per tre settimane Tom, un robot ubbidiente e dalle attraenti fattezze, in teoria creato apposta per renderla felice. L’idea di partenza, che prende spunto da un romanzo di Emma Braslavsky, è interessante, per quanto non nuovissima, e I am your man mantiene un tono leggero e spiritoso, soprattutto nella prima parte (la più riuscita) per poi andare a parare esattamente dove ci si aspetta, senza che la regista sappia trarre particolare profitto da una vicenda che, potenzialmente, poteva aprire a svolte sia comiche che drammatiche decisamente intriganti. La protagonista Maren Eggert infonde una certa vitalità al suo personaggio ma tutto si svolge in maniera un po’ troppo prevedibile e piatta, lasciando poco spazio allo spettatore cui viene spiegato tutto, fin troppo, senza lasciare spazio ad alcuna riflessione, sulla complessità dell’amore e dei sentimenti ,che non sia già abbondantemente consolidata.
Voto: 6

Joana Hadjithomas Talks “Memory Box,” Her Berlinale Drama About Three Generations of Women | Women and HollywoodMemory Box di Joana Hadjithomas, Khalil Joreige (Concorso): Coproduzione internazionale, che vede impegnate quattro nazioni (Francia, Libano, Canada e Qatar), Memory Box è la storia di un passato che ritorna e costringe a fare i conti con se stessi. La protagonista Maia, nata e cresciuta in Libano, vive a Montréal con la figlia adolescente Alex, la quale ignora il passato di sua madre. Un giorno, nei giorni che precedono il Natale, nella casa in cui vivono le due donne viene recapitata una scatola nella quale sono conservati vecchie cassette registrate, appunti, diari e fotografie che raccontano l’adolescenza di Maia durante la guerra contro Israele, che infiammò Beirut tra il 1982 e il 1987. Attraverso questi oggetti del passato e l’apertura di questo vaso di Pandora Alex e lo spettatore vengono così a conoscenza della storia d’amore tra Maia e Raja, il difficile rapporto tra la ragazza e i suoi genitori, la resistenza del padre, coraggioso preside della scuola del quartiere. I due registi utilizzano immagini di repertorio oltre ad alcune vere fotografie dell’epoca che prendono forma dalla loro fissità durante i flashback che scandiscono la vicenda. Il film non manca di sbavature, di qualche scelta estetica discutibile, in particolare nell’utilizzo di colorature pop in alcune immagini, e di un finale un po’ debole. Tuttavia, nel complesso, la materia è trattata molto bene e risulta emotivamente coinvolgente, soprattutto nella parte centrale, la più densa di avvenimenti, che rivela la perfetta conoscenza, da parte dei registi, del mondo rappresentato. La guerra vi è infatti raccontata nel suo aspetto di cronaca, con la descrizione dello sconvolgimento che essa portò nelle vite degli adolescenti libanesi, desiderosi soltanto di normalità.
Voto: 7

TorinoFilmLab tra Berlinale e Oscar

Taste di Lê Bảo (Encounters): Altra storia di sradicamento, ma di tutt’altro segno, è l’esordio nel lungometraggio di questo trentenne vietnamita che racconta la storia di un ragazzo nigeriano, ingaggiato come calciatore in una squadra di Saigon, che finisce disoccupato a causa di un infortunio e si lega a un gruppo di quattro donne del posto, di età non più giovane. Questo bizzarro quintetto regredisce in una sorta di stato primordiale di natura: sempre nudi, essi si dedicano ad attività primarie come il cibo, la pulizia e il sesso. Per quanto visivamente non privo di fascino e registicamente interessante nella sua scelta di inquadrature insolite e di punti di vista inusuali, Taste rivela però ben presto la sua natura di opera pretenziosa e, nel complesso, abbastanza futile, in cui Lê Bảo sembra non avere chiaro in mente che cosa vuole dire o, semmai, non è capace di arrivare allo spettatore, come se il film fosse rimasto come intrappolato nella sua testa. Tra corpi nudi, amplessi, negozi di barbiere e la comparsa di animali (un maialino, un grosso pesce, destinati alla consumazione o a fare da compagnia) ne viene fuori un guazzabuglio greve e un po’ indigesto in cui l’unica cosa che appare chiara è che la cucina vietnamita è tra le migliori al mondo.
Voto: 5,5

1res images du Chinois "A River Runs, Turns, Erases, Replaces" sélectionné à la Berlinale - Le Polyester

A River Runs, Turns, Erases, Replaces di Shengze Zhu (Forum): Quest’opera, dal titolo poetico, costituisce il quarto lungometraggio di una talentuosa regista cinese, nata a Wuhan ma trasferitasi a Chicago all’inizio del 2016. Pur arrivando alla Berlinale sotto la bandiera a stelle e strisce, il film è ambientato nella città natale della regista, salita agli albori della cronaca a causa del Covid-19. Shengze presenta allo spettatore una serie di quadri, tiene la macchina da presa fissa, e riprende alcune immagini che costituiscono il “prima” e il “dopo” del primo lockdown che ebbe luogo nell’ormai celebre città cinese. Nel lungo segmento iniziale, di un’opera che si pone a metà strada tra il documentario e il film cosiddetto sperimentale (categoria, peraltro, che indica tutto e niente), si mostra una strada completamente vuota e si ripercorre brevemente la sua “storia” dai momenti in cui è forzatamente deserta a quelli in cui lentamente si rianima, dopo la fine delle restrizioni. Altre immagini ci mostrano poi una metropoli in costante costruzione con l’azione di scavatrici, la realizzazione di ponti, l’illuminazione di palazzi ultramoderni. La regista inserisce, inoltre, i testi di quattro lettere, indirizzate rispettivamente a un partner amoroso, a una nonna, a un padre e a un fratello, che costituiscono una sorta di piccolo catalogo che ricorda i lutti e le perdite provocate dall’infezione. I mittenti delle lettere descrivono, tra l’altro, il rimpianto della lontananza, scrivono da luoghi lontani, rimpiangono la terra da cui sono dovuti andare via in una specie di leitmotiv che lega le opere in cui ci siamo imbattuti in questa prima giornata. Opera apparentemente algida, A River Runs, Turns, Erases, Replaces riesce invece a penetrare sottopelle trovando la sua forza in una sapiente e originale messinscena della poesia del quotidiano e ponendosi, inoltre, come una delle prime pellicole che porta al cinema la tragedia della pandemia.
Voto: 7

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