Venezia 78, giorno 6. Xavier Giannoli adatta Balzac e realizza un film magnifico
Non ha certo bisogno di presentazioni Honoré de Balzac, uno dei massimi romanzieri francesi del XIX secolo, autore capace di fotografare la società composita e complessa nata dalle ceneri della Rivoluzione francese, all’indomani della caduta di Napoleone e della conclusione del Congresso di Vienna. Il critico letterario Franco Rella, parlando dell’opera dello scrittore di Tours, ha definito la sua Comédie humaine la più grande costruzione letteraria di tutta l’umanità. Difficile dargli torto guardando alla gran mole di scritti che, solo considerando questo monumentale progetto, include circa centoquaranta testi tra romanzi, saggi, racconti e studi analitici.
Xavier Giannoli sceglie di adattare per il cinema uno di quelli più conosciuti e amati. ormai passato agli annali come un capolavoro assoluto della letteratura mondiale. Una sfida non da poco visto che si tratta anche di uno tra i più corposi e complessi, bisognoso perciò di un ampio lavoro di sfrondamento che consenta di isolare alcuni dei tanti temi contenuti all’interno della narrazione. La selezione operata dal regista (che è già stato in concorso a Venezia con Superstar e Marguerite, rispettivamente nel 2012 e nel 2015) e dal suo co-sceneggiatore Jacques Fieschi si rivela particolarmente felice e feconda. Les Illusions Perdues è un’opera magistrale, di straordinaria compattezza narrativa, capace, da un lato, di restituire perfettamente la corruzione di un’epoca dominata dal profitto, dalla doppiezza e dall’inganno, e dall’altro di attualizzare il testo balzachiano facendolo dialogare in maniera proficua con la società odierna, così distante nel tempo.
Il romanzo di Balzac ruota intorno a Lucien Chrdon, un giovane poeta in cerca di fortuna, che nutre grandi speranze per il suo futuro. Egli sceglie di abbandonare la tipografia di famiglia, di assumere il cognome della madre (Rubempré) e di tentare la sorte a Parigi, dove è legato sentimentalmente alla baronessa de Bargeton. La sua relazione con la donna determina anche la sua cacciata dalla corte, che rifiuta quest’ambizioso intruso venuto da Angoulême, quindi dalla provincia. Per vendicarsi di questa società che lo respinge, Lucien entra a far parte di un giornale polemico e satirico, diretto da Lousteau, redattore intrigante e privo di scrupoli, che vende il contenuto dei suoi articoli al miglior offerente.
L’adattamento di Giannoli e Fieschi relega in un cantuccio la descrizione della vita di provincia, che nel romanzo occupa molte pagine, per dedicarsi soprattutto al racconto della Parigi della Restaurazione, descritta come una società in cui tutti possono essere comprati e venduti, e dove non c’è spazio per gli slanci ideali e romantici dai quali Lucien era inizialmente animato. In particolare, il mondo della stampa appare totalmente corrotto, interessato unicamente al profitto, ben lieto di confezionare articoli su misura a favore o contro determinati personaggi, purché essi siano disposti a pagare per non vedere sotto attacco la propria reputazione. Il “Satan” e “Le Corsaire”, riviste polemiche in cui Lucien impara l’arte dell’intrigo e della menzogna, sono dei veri e propri confezionatori di quelle che oggi vengono appellate come fake news, vere e proprie invenzioni del redattore di turno, pubblicate con l’unico scopo di compiacere il committente.
Ben lungi dall’essere un testo polveroso e datato, Les Illusions Perdues rivela dunque lo sguardo preveggente del suo autore, capace di anticipare un’epoca e spingersi oltre il suo tempo. Lucien impara a sue spese che la commedia umana del mondo è una recita senza fine, in un mondo che è shakespearianamente un teatro in cui agiscono figure che non sono altro che attori che indossano il costume richiesto dalla recita che, in quel momento, è necessario rappresentare. Les Illusions Perdues è la radiografia di un’epoca che seppellisce e umilia gli ideali, i nobili sentimenti e il romanticismo. Il mondo della nobiltà, attorno alla quale gravita, tra gli altri, un folto gruppo di letterati vanesi ed editori mediocri, appare – come è prevedibile – interessata unicamente a restaurare lo status pre-rivoluzionario, con l’ausilio di una stampa di (ancien) regime, totalmente prona e subalterna, la cui principale preoccupazione consiste nel rimpinguare le proprie casse.
Les Illusions Perdues di Giannoli è un film sfarzoso, di impeccabile eleganza e superba messinscena, in cui tutti gli elementi, dalla credibile ricostruzione d’epoca all’ottima prova del cast, concorrono alla riuscita. Il regista supera abilmente le trappole del calligrafismo e realizza una profonda e mai banale riflessione sulla sconfitta delle illusioni e la nascita del disincanto, ricordando, con Balzac, che forse solo chi non spera più niente può davvero incominciare a vivere. In un susseguirsi di scene che vede muoversi davanti alla macchina da presa, un’ampia e variegata galleria di ritratti umani, non c’è un solo personaggio sfocato, un solo momento che non sia impregnato di emozione e di verità psicologica. Les Illusions Perdues è un capolavoro di lucidità e limpidezza, il mio personale colpo al cuore di questo Concorso.
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