A Napoli il ‘Nuovo Teatro Sanità’ riapre il sipario post pandemia: “Riaprire col rischio di richiudere”
di Davide Speranza
In quel budello di vicoli, strade, curve, incastrate tra palazzi antichi, dentro i confini dei vasci, dopo aver passato il ponte completato da un generale francese, proprio nel fondo della chiesa dell’Immacolata e San Vincenzo, ecco da qui parte un’invasione gentile, dove i soldati sono attori e registi di teatro, pubblico festante, visori virtuali, giovani artisti, professionisti di paesi stranieri, e poi le storie, tante storie. Preso fiato? Ancora non è successo niente.
Il cartellone 2021/2022 del Nuovo Teatro Sanità (ntS’) riprende dopo la tragica crisi del Covid, nonostante le scarse risorse economiche, nonostante il numero dei posti più che dimezzato (causa le direttive anti-pandemia del Governo), nonostante la mancanza di aiuto da parte di chi aveva promesso e non ha mantenuto. Insomma, nonostante.
8 ½ La stagione che non c’è, è il titolo della rassegna. Un doppio riferimento cine-letterario: da una parte il capolavoro di Federico Fellini, dall’altra il romanzo di James Matthew Barrie. Non il solito omaggio, ma due bandierine ficcate ben bene nei ciottoli vulcanici del Rione Sanità, a memoria di quanto conquistato con le unghie e con i denti. «Da ogni mancanza si genera un nuovo desiderio, che si fonda su nuovi stimoli e una nuova visione di futuro – ha scritto nella nota ufficiale il direttore artistico dell’ntS’ Mario Gelardi – I riferimenti culturali che abbiamo scelto per il titolo della stagione sono due: l’omonimo film di Fellini che racconta come vita e arte siano profondamente intrecciate, mentre il sottotitolo allude a Peter Pan, l’eterno bambino che diventa leader dei bambini sperduti, perché sa abitare isole che non ci sono». Eppure si farà, grazie a bandi vinti e allo sforzo di chi lavora dentro il piccolo teatro ospitato nello stomaco della chiesa settecentesca del Rione grazie a un parroco, don Antonio Loffredo. In questi spazi, arricchiti da sculture e cartapeste dell’artista Claudio Cuomo (tra cui uno straordinario volto di Eduardo che dall’interno di una cornice scruta l’amplesso pubblico-teatro), una squadra di giovani, tempo fa, ha azzardato una scommessa: era il 2013. Operano ancora lì, con il gravoso compito di portare cultura e lavoro in un’area che non la manda a dire in termini di degrado e disoccupazione.
«La stagione che non c’è, perché non dovevamo farla – ha spiegato Gelardi in conferenza stampa – Abbiamo solo 45 posti a sedere in questo momento. Qui siamo al 50% della sala. Si facciano due conti a mente. La cifra lorda non potrebbe permetterci di far nulla. Dal momento che abbiamo deciso di aprire, sappiamo che rischiamo subito di chiudere. Questo perché i teatri sotto i 100 posti non hanno ricevuto alcun bonus dal Ministero. Ce la siamo cavata da soli in questi mesi. Ma abbiamo ricevuto molte promesse, molte persone ci volevano aiutare. L’aiuto vero e concreto alla fine l’abbiamo ricevuto dalla Fondazione Campania dei Festival e da Alfredo Balsamo (direttore del Teatro Pubblico Campano, ndr). Siamo riusciti a costruire una stagione divisa in due parti: fino a novembre la prima, e poi da gennaio si terrà la seconda. In particolare, la prima metà è frutto di un lavoro nato durante il lockdown grazie al bando “Boarding pass plus”, un progetto dal titolo R-evolution». Il percorso ha visto ntS’ tessere una rete di partner di notevole spessore: Sardegna Teatro, Scena Nuda, Teatro della Città, Greek Art Theatre Kasolos Koun, Between the Seas Mediterranean Performing Lab, Primavera dei Teatri, Sardegna Film Commission, e il supporto della Fondazione Terzo Pilastro Internazionale. A inserirsi anche Scena Unita, il fondo di solidarietà nato da un’idea del rapper Fedez e dall’unione di diversi artisti per sostenere i lavoratori dello spettacolo in tempo di Covid. «La rete si è ampliata e abbiamo vinto anche un secondo bando – ha continuato Gelardi – Sono arrivati partner da molti paesi del mondo per creare un progetto che coinvolge 25 ragazzi che si trovano a Napoli in questo momento e che insieme stanno lavorando su sei spettacoli teatrali che possano girare a livello internazionale».
Ben 21 gli spettacoli inseriti in cartellone. Storie e personaggi attraversati dai background più disparati, con regie diversificate sul piano tecnico e drammaturgico. Si passerà dalla classica scrittura scenica, al supporto di tecnologie virtuali, passando per l’esclusione assoluta della vista a favore del sonoro. Esperienze immersive che proietteranno lo spettatore nel calderone di performance allegre e disperate, minimali e barocche, avventurose e filosofiche.
Eppure a guardar bene, una linea comune esiste, una ragnatela che si fa riflesso dei tempi nostri, rigurgita le contraddizioni in atto, fa sfoggio delle lacerazioni e delle paure scoperchiate dal virus. Forse questo filo riguarda la ricerca dell’umano.
È così che il Nuovo Teatro Sanità parte l’8 ottobre, con Archipelagos (progetto inquadrato nel R-Evolution festival e nato all’interno del programma Beyond The South BETSUD, che ha riunito artisti dal Cile, Argentina, Uruguay, Grecia e Italia), dello scrittore cileno Nicolás Lange, con Giulia Quadrelli e la regia di Camilla Brison, quest’ultima fresca vincitrice del Premio Riccione per Notte Bianca. Una riflessione sui confini labili tra corpi, innamoramento e posizione geografica. I due artisti, Lange e Brison, hanno dialogato nel tempo, innescando un cortocircuito sui loro amori, le loro famiglie, la ricostruzione di un corpus unico, un arcipelago fatto di punti narrativi che parlano di origine del sentimento e di percezione dei luoghi in cui viviamo.
Il 9 e 10 ottobre tocca a Real Heroes. «La particolarità è che si svolge per strada, con un audio e la realtà virtuale, una passeggiata nei vicoli e per le strade del Rione Sanità in cuffia, ascoltando due storie – racconta Mauro Lamanna, autore e regista dell’opera insieme a Juan Pablo Aguillera Justiniano – Un’esperienza con visori virtuali all’interno della drammaturgia stessa. Volevamo approfondire queste nuove tecnologie espressive che iniziano a diventare interessanti. Abbiamo scritto le storie di due padri costretti a separarsi dai propri figli per ragioni politiche, sociali e d’amore». Dal 14 al 17 ottobre, uno spettacolo ormai pronto da due anni e che adesso debutta al Sanità, con alle spalle già una incetta di premi: Premio Dante Cappelletti 2019, Premio “Per fare il teatro che ho sognato” – Presente Futuro 2021, e al Festival Voci dell’anima 2021 il Premio della critica ex-aequo, Premio della stampa, Premio Sezione Teatro, Premio Confine-Corpo. Il titolo è La vacca, di Elvira Buonocore, per la regia di Gennaro Maresca. La storia, in una periferia napoletana, di due fratelli, Mimmo e Donata, tutta giocata sul senso del desiderio e dell’adolescenza.
Il 22, 23 e 24 ottobre, va in scena Le rose del mio giardino, di Claudio Finelli, con la regia dello stesso Mario Gelardi. «Nasce da una suggestione di un paio di anni fa, da un’idea di ricostruire in modo romanzesco il carteggio tra Salvador Dalì e Federico Garcia Lorca – spiega Finelli – Due geni del ventesimo secolo, hanno avuto un percorso di vita comune quando erano molto giovani. Si narra di un invaghimento di Federico nei confronti di Salvador. Dalle lettere di Dalì sicuramente riusciamo a leggere un forte attaccamento, una forma di innamoramento. Due artisti diversi per atteggiamento, per posizione politica, ma che hanno poi a loro modo fatto da punto di riferimento nell’immaginario collettivo del Novecento».
Il 5, 6, 7 novembre è la volta di Le regole del gioco del tennis, diretto dal 26enne Michele Brasilio, che tra le altre cose è stato tra i 6 finalisti alla Biennale Teatro di Venezia. Come in alcuni dei più bei libri di David Foster Wallace, il tennis fa da sfondo per lasciar posto ai rapporti umani, alla vita, alle relazioni, in questo caso l’amicizia tra Matteo e Giulio, fino a diventare un ironico racconto dei luoghi comuni sull’omosessualità. All’ntS’, per una sola serata (29 novembre), lo spettacolo Every brilliant thing, di un regista acclamato a livello internazionale, Duncan Macmillan, già autore del riadattamento di 1984 di George Orwell, con cui è stato vincitore del UK Theatre Award come miglior regista. Una bambina (poi donna), suo padre e una madre che tenta più volte di suicidarsi. Il mood di fondo è quello della depressione, la voglia di esistere e di farcela. La protagonista per superare il suo turbamento prova a scrivere una lista di tutte le cose per cui valga la pena vivere. L’ultimo spettacolo dell’anno sarà Allegro, non troppo (11 e 12 dicembre) una stand up comedy con Lorenzo Balducci che porta il pubblico nell’universo Lgbt, ponendo l’accento sui fenomeni dell’omofobia, il ddl Zan, umiliazioni e dolorosi quanto liberatori coming out.
Si riprende l’8 e 9 gennaio 2022, con The walk, un’unica attrice e il pubblico per le strade di Napoli. Una voce e una storia, la perdita di un amico. Una storia vera, quella di Roberta Bosetti (l’autrice dello spettacolo insieme a Renato Cuocolo), e degli ultimi istanti del suo amico poco prima di morire. Il teatro incontra la vita, come sempre. L’audioguida parla ai pensieri dello spettatore, che farà i conti con la storia di Roberta ma anche con se stesso. Perdersi per ritrovarsi, ancora una volta ricercare le zone rotte e perdute dell’anima. Dalla riflessione sull’io alle questioni sessuali, il passo è breve, grazie alla pièce Carmine Verricello. Cos’è una real doll? Una bambola al silicone realistica. L’arrivo di Oxana, una real doll ucraina, nel piccolo paese di Camposano a Valle, squassa il legame tra due fratelli, Carmine e Aniello. Il primo se ne innamora e Aniello chiede aiuto al centro di salute mentale. Una parabola ironica e grottesca (ispirata al film del 2007 Lars e una ragazza tutta sua di Craig Gillespie), ma su cosa? Il sesso? Gli autori e registi – Alberto Mele e Marco Montecatino – parlano in realtà della solitudine, come affrontarla, come vivere la provincia e le sue voragini.
Dal 4 al 6 marzo non poteva mancare l’omaggio a Pier Paolo Pasolini (l’anno prossimo si ricorderà il centenario della nascita). E Il Nuovo Teatro Sanità lo fa con La grande tribù, una delle sue prime produzioni che mette in scena gli scritti del Poeta, in particolare la figura di Gennariello, giovane protagonista di quel capolavoro che andrà poi sotto il titolo di Lettere Luterane, al cui interno Pasolini crea un trattatello pedagogico sulle nuove generazioni e la tragedia della società di massa improntata al consumismo. Pasolini, d’altronde, a proposito di Napoli scriveva: «Io so questo: che i napoletani oggi sono una grande tribù, che anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg o i Beja, vive nel ventre di una grande città di mare. Questa tribù ha deciso – in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte – di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia o altrimenti la modernità. La stessa cosa fanno nel deserto i Tuareg o nella savana i Beja (o fanno anche, da secoli, gli zingari): è un rifiuto, sorto dal cuore della collettività (si sa anche di suicidi collettivi di mandrie di animali); una negazione fatale contro cui non c’è niente da fare. Essa dà una profonda malinconia, come tutte le tragedie che si compiono lentamente; ma anche una profonda consolazione, perché questo rifiuto, questa negazione alla storia, è giusto, è sacrosanto. La vecchia tribù dei napoletani, nei suoi vichi, nelle sue piazzette nere o rosa, continua come se nulla fosse successo a fare i suoi gesti, a lanciare le sue esclamazioni, a dare nelle sue escandescenze, a compiere le proprie guappesche prepotenze, a servire, a comandare, a lamentarsi, a ridere, a gridare, a sfottere; nel frattempo, e per trasferimenti imposti in altri quartieri (per esempio il quartiere Traiano) e per il diffondersi di un certo irrisorio benessere (era fatale!), tale tribù sta diventando altra. Finché i veri napoletani ci saranno, ci saranno; quando non ci saranno più, saranno altri (non saranno dei napoletani trasformati). I napoletani hanno deciso di estinguersi, restando fino all’ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili e incorruttibili».
Il dialogo con Gennariello non è solo uno sguardo sul futuro, ma un dialogo con Napoli nel cui corpo sempre fedele a se stesso, forse, Pasolini si rispecchiava. Si arriva al Lampedusa beach, dall’11 al 13 marzo, che vede la regia di Marcello Manzella. «Il primo dei tre testi della Trilogia del naufragio di Lina Prosa – dice lo stesso Manzella – un monologo creato per un’attrice che sa andare in apnea. La nostra attrice è Valentina Elia che metterà a servizio del testo, del personaggio e del pubblico la sua voce, il suo corpo, i suoi movimenti per raccontare la triste discesa sul fondo del Mediterraneo che è un cimitero a cielo aperto. Tutto parte nel momento in cui cade in acqua, e noi riviviamo, in un’ora, un minuto di questo personaggio con i ricordi, i pensieri, le paure, le ansie». È il canto per chi cerca la salvezza in altre terre e trova la morte. Lo spettacolo è stato prodotto dalla società I due della città del sole fondata da Luigi De Filippo. Dal 18 al 20 marzo, Sound sbagliato, lo spettacolo finalista Premio Scenario 2019. La storia di cinque ragazzi che alle soglie del nuovo millennio organizzano una rapina, il tutto incorniciato in una scrittura/soundtrack in versi delle Quattro Stagioni di Vivaldi. Dal 25 a 27 marzo, Codice rosso, performance contro la violenza sulle donne, con un testo nato dalla legge 69 del 2019. L’atto fisico violento viene qui sostituito dalla scarnificazione psicologica, quella portata sull’anima delle donne. Nicola Le Donne e Franco Nappi firmano testo e regia, lavorano sulle ferite dello spirito, sul femminile divorato: il racconto corale di più donne, incarnato da una ballerina che di volta in volta mostra quelle ferite sul proprio corpo, quasi a ricondurre il pensiero a Il ritratto di Dorian Gray. 8, 9 e 10 aprile, sarà il momento di Giorni infelici per Re Lear, con la regia e le musiche di Mariano Bauduin. In questo caso, commovente l’ospitalità dell’ntS’ al fondatore del The Beggars’ Theatre, teatro chiuso all’inizio del 2021. Bauduin, che è stato anche assistente per un ventennio del maestro Roberto De Simone, porta una rilettura del testo di Shakespeare in chiave beckettiana: la follia di Lear scandagliata attraverso la lente d’ingrandimento della solitudine.
Di grande impatto visivo e sonoro sarà invece Disintegrazione (23 e 24 aprile) un progetto totale, realizzato dal collettivo Electroshock Therapy (EST) ispirato da personaggi come David Bowie, Marilyn Monroe, J. C. Ballard, the Cure, Sarah Kane, Baudelaire e impostato sulla sound art di Paky Di Maio, la voce di Ilaria Delli Paoli, la visual art di Francesco Zentwo Palladino. Chiudono la stagione Il vino e suo figlio (30 aprile), liberamente tratto da Il Navigatore del Diluvio di Mario Brelich; e Dedalo scritto dalla giovane Chiarastella Sorrentino: il delicato racconto di Michele affetto da xeroderma pigmentoso, malattia della pelle che non gli permette di esporsi alla luce: l’intero spettacolo andrà in scena al buio, guidato solo dalle voci degli attori.
A completare il cartellone, le quattro residenze di giovani artisti: 14, 15, e 16 gennaio 2022 si terrà Seasons di Orlando Napolitano, diretto da Marcello Manzella; il 4, 5, 6 febbraio Settantuno con Nello Provenzano per la regia di Riccardo Pisani; dall’11 al 13 febbraio arriva Megastark, di Luigi Leone, diretto da Andrea Cioffi; infine il 25, 26, 27 febbraio, Meridiani, scritto da Carlo Galiero.
Questa è la resistenza di un teatro, di un gruppo di creativi, di una comunità. Napoli ancora una volta parla, sta a noi ascoltare.