A Roberto Herlitzka
Dentro chi va in scena esiste un genere di azione che ha in sé la strada per giungere alla rappresentazione della parola totale, intesa come luogo non soltanto fisico delle intenzioni, dei pensieri e della loro formulazione. Almeno è quello che in qualche modo vive dentro un genere di attore, per alcuni nell’attore e basta. Nella sua accezione da secoli perseguita o sfuggita. E nessuno può farvi ritorno. La costruzione autentica di una finzione. Il paradosso più alto mai concesso all’uomo. Dietro restano in agguato sacrifici e insidie.
È Roberto Herlitzka l’attore che ha saputo rappresentarne l’intelligenza, l’inquietudine, l’esperienza, perché quella dell’attore è una dimensione dentro, o fuori, la dimensione esistenziale. Sulla sua maschera si sono posati i formulari letterari, l’esercizio delle forme, i suoni e i toni, in un grande e prodigioso rugario di battute e di voci in esecuzione del teatro e della sua antica e misteriosa ragione.
Ricordo ancora quella sera in cui lo vidi in un adattamento de Il soccombente neutralizzarsi in un ruolo di conduzione dell’intera rappresentazione. L’attore dentro la struttura teatrale. Tra il compito e la durata, la scena, il suo intorno e la platea. Ogni movimento, ogni tonalità, ogni gesto e inflessione della voce diretti a coincidere presso una figura non soltanto visibile, a rappresentarsi tanto muta quanto parlante, per una sublimazione dell’apparizione dedita a consegnare la letteratura di quella quinta in costante rielaborazione di sé. Laddove visto da qui il punto d’origine del teatro si perde presso un orizzonte apparentemente offuscato da mille interrogativi, ma che dietro quella quinta sa di aver concordato tutte le ragioni della rappresentazione. Per portarle in scena ci vogliono quelli come Roberto Herlitzka.
Di quello spettacolo, a riposo da una delle sue battute più brutali, “Noi siamo prodotti artificiali. L’uomo che suona il pianoforte è un prodotto artificiale.”, Herlitzka in un’intervista dichiarò: “Noi attori abbiamo più vie per scappare da queste sofferenze. Anche se poi c’è qualcuno che in realtà veramente ci soccombe.”
Il teatro italiano ha perduto uno tra i suoi più grandi interpreti, ma il suo patrimonio artistico è stato ed è tale da competere con rara raffinatezza alla coscienza della sua assenza. Ci sono attori che continuano a restare in scena. Più è discreto e prudente ogni loro movimento, più è potente la resistenza alla possibilità che il loro volto possa svanire. Roberto Herlitzka è stato e rimarrà per sempre l’attore col volto tra due dimensioni. E il teatro è forse l’unica disciplina autorizzata a esplorarle entrambe.
Immagine da https://www.controscena.net/enricofiore2/