Venezia 74: Concorso e dintorni
Giornata di pre-apertura a parte, durante la quale abbiamo potuto ammirare il restauro di Rosita di Ernst Lubitsch con la splendida esecuzione dal vivo della Mitteleuropa Orchestra, la Mostra del cinema di Venezia sta vivendo, mentre scriviamo, il suo terzo giorno di proiezioni. Ieri è stata la volta di uno degli autori più attesi, il messicano Guillermo Del Toro, che ha presentato in Concorso The Shape of Water, una produzione statunitense impreziosita da un cast eccellente, che può vantare le presenze di Sally Hawkins, Michael Shannon, Richard Jenkins, Doug Jones e Octavia Spencer. Il film racconta la storia dell’incontro tra due reietti, un mostro squamoso costantemente bisognoso di acqua salata e una ragazza muta (ma non sorda) che se ne innamora e cerca di salvarlo dalle grinfie dei cattivi. Sullo sfondo, gli anni più “caldi” della Guerra Fredda. Barocco e immaginifico come sempre, l’autore de Il labirinto del fauno non sembra però trovare la quadra, confezionando un film elegante e dalla messinscena sontuosa e raffinata, ma che come il film succitato non riesce sempre ad amalgamare il fantastico con la Storia inserendo nella narrazione una vicenda di spie che funziona solo a tratti.
Oltre al film di Del Toro, ieri è stata volta di The Insult del libanese Ziad Doueiri, dramma giudiziario che racconta lo scontro tra un meccanico libanese ed un operaio palestinese in cui il primo querela l’altro per un’offesa ricevuta (lo “insulto” del titolo). La querelle tra i due uomini diventa l’occasione per il regista di provare a ripercorrere la storia del conflitto tra i due popoli e per descrivere la progressiva ascesa del male che, da un piccolo e banale litigio, assume una sorta di effetto a “palla di neve” arrivando a coinvolgere le rispettive comunità con tafferugli nelle strade e conflitti all’interno delle famiglie. The Insult è un film dalla sceneggiatura abbastanza solida che perde però qualche colpo nell’ultima parte con un finale inutilmente fragoroso che cerca di scimmiottare, non sempre con successo, i drammi giudiziari all’americana.
La terza ed ultima opera in Concorso presentata ieri alla stampa è stata il documentario Human Flow diretto dal regista e videoartista cinese dissidente (ora residente a Berlino) Ai Weiwei. L’ambizione dell’autore è quella di raccontare il fenomeno attualissimo della migrazione nei vari Paesi del mondo, viaggiando da una parte all’altra del globo. Italia, Grecia (Lesbo e Idomeni), Pakistan, Afghanistan, Giordania, Siria, Libia, Stati Uniti, Messico, Myanmar sono solo alcuni dei luoghi raggiunti da una macchina da presa particolarmente mobile (probabilmente troppo), in un progetto che tenta di fare una panoramica sulla situazione mondiale. Un’opera sicuramente interessante ed istruttiva che, nell’affrontare un numero abnorme di vicende collettive, corre il rischio di restare nel limbo delle “buone intenzioni”. Non è escluso, tuttavia, che un’opera del genere, tutto sommato utile per ricordare o far conoscere il dramma ormai planetario della migrazione possa indurre la Giuria a conferire al film un riconoscimento, come toccò nel 2016 a Berlino con Fuocoammare di Gianfranco Rosi.
Lasciando da parte il Concorso, che prosegue quindi con risultati altalenanti, è intanto cominciata la 32° edizione della Settimana Internazionale della Critica, sezione competitiva organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Mentre scriviamo sono già passati i primi quattro film (due corti e due lunghi): il britannico Pin Cushion di Deborah Haywood, preceduto dal corto Nausicaa – l’altra Odissea di Bepi Vigna, e l’italiano Il cratere di Silvia Luzi e Luca Bellino, preceduto dal corto Le visite diretto da Elio Di Pace. Il film di Luzi e Bellino, girato con uno stile documentaristico e qualche incertezza estetica, entra nel particolarissimo mondo di una famiglia della provincia di Napoli il cui pater familias sogna di evolversi dalla sua condizione di venditore ambulante sfruttando il talento canoro della giovanissima figlia Sharon. Sebbene il risultato dia l’idea di un prodotto ancora abbastanza acerbo, va dato merito ai due autori la capacità di restituire in maniera veridica il mondo descritto, in maniera forse persino più originale di Indivisibili, il fortunato film di Edoardo De Angelis che raccontava una storia per certi versi abbastanza simile a quella de Il cratere.