Berlinale 2018, Concorso e dintorni. Brilla la stella di Corneliu Porumboiu

Dopo le vette decisamente alte toccate con Isle of dogs di Wes Anderson e Dovlatov di Aleksej German jr. il Concorso berlinese, che ha ancora diversi assi da calare, ha mostrato decisamente la corda nella giornata di ieri. Se Transit di Christian Petzold, prima delle quattro pellicole tedesche in gara, è un film molto interessante ma un po’ troppo ondivago nel mescolare la storia di alcuni rifugiati tedeschi durante la seconda guerra mondiale con il melodramma, con risultati non sempre lucidi, molto peggio è andata con i film presentati alla stampa nel corso della giornata di ieri che vedeva, tra gli altri, la proiezione di Figlia mia di Laura Bispuri.

Eva, il nuovo film di Benoît Jacquot, autore mediocre che continua a trovare misteriosamente spazio nei concorsi di tutti i principali festival internazionali, è il debole remake dell’omonimo film di Joseph Losey, tratto a sua volta dal romanzo di James Hadley Chase. Ma se Isabelle Huppert non fa rimpiangere Jeanne Moreau, protagonista della versione del 1962, la differenza dietro la macchina da presa fa pendere la bilancia nettamente verso il regista statunitense. Non molto meglio è andata con La Prière di Cédric Kahn, l’altro film transalpino in lizza, storia di un ragazzo che viene inviato in una comunità religiosa in alta montagna per sconfiggere la tossicodipendenza e scopre un’inaspettata (e francamente poco credibile) vocazione religiosa. Dopo un inizio molto vibrante, il film si perde nell’accumulo di situazioni che descrivono la vita della comunità, affastellando una serie di scene, tutte troppo simili, che finiscono per togliere ogni interesse alla narrazione.

Il film della Bispuri, nelle sale italiane dal 22 febbraio, è la storia di due donne molto diverse, interpretate da Alba Rohrwacher (protagonista anche di Vergine giurata, l’esordio della regista, qui alla Berlinale nel 2015) e Valeria Golino  che si contendono l’affetto della piccola Vittoria, una bambina di dieci anni, concepita dalla prima, lunatica, inaffidabile e con il vizio della bottiglia, e cresciuta dalla seconda. Lo scenario è quello della Sardegna più selvaggia, poco intaccata dal turismo di massa. La storia, che offriva potenzialmente molti spunti di interesse, appare purtroppo  totalmente scollata, priva di logica narrativa, scritta e diretta in maniera raffazzonata, tutta affidata sulle spalle delle interpreti che, in particolare nel caso della Rohrwacher, devono confrontarsi con personaggi troppo al di sopra delle loro capacità attoriali. Alla proiezione stampa di metà mattinata, il film è stato accolto molto freddamente e si è sentito anche qualche “vergogna!” proveniente dalla galleria. Al di là del giudizio sull’ortodossia di un simile comportamento da parte degli inviati stampa, resta il fatto che Figlia mia è un film difficilmente difendibile.

Ancora peggio è andata poi con The Real Estate, firmato dalla coppia svedese formata da Axel Petersén e Måns Månsson, storia di un’attempata signora svedese che, dopo una vita di lusso finanziata dal padre, proprietario di svariati immobili al centro di Stoccolma, si vede a dover gestire da sola l’eredità del genitore dopo la sua dipartita. Si fa davvero fatica a capire come possa finire in un Concorso prestigioso come la Berlinale un film così privo di qualsiasi idea di cinema, incapace di seguire coerentemente una qualsivoglia direzione.

Abbandonando la sezione principale, non sono mancate invece le sorprese positive. Da segnalare, in “Forum”, In the Realms of Perfection di Julien Faraut, gustoso e intelligente documentario sull’ex grande tennista John Patrick McEnroe, e soprattutto lo splendido Infinite Football di Corneliu Porumboiu, uno dei nostri personali colpi al cuore del Festival, del quale è sinora una delle punte più alte. Dopo l’originalssimo The Second Game (anch’esso alla Berlinale nel 2014), il regista rumeno, uno degli autori più importanti di una delle più fervide cinematografie europee, torna ancora una volta ad utilizzare il calcio per affrontare temi politici ed esistenziali. Il film precedente era basato sulla visione integrale del derby calcistico Dinamo-Steaua del dicembre 1988, i due club di Bucarest, arbitrata da Adrien Porumboiu, padre del regista. La ri-visione del match, a ventisei anni di distanza dal suo effettivo svolgimento, diventava il pretesto per raccontare un Paese, la Romania, all’epoca ancora oppresso dalla dittatura di Ceausescu. Infinite Football racconta invece gli incontri che Porumboiu ha con l’amico d’infanzia Laurentiu Ginghina, funzionario presso gli Affari Europei alla Prefettura di Vaslui (città natale del regista), che da anni sta elaborando una teoria per cambiare le regole del calcio o, in alternativa, per creare un gioco totalmente nuovo, molto simile allo sport più popolare del mondo, ma con sue precise e peculiari caratteristiche. Nel corso degli incontri il regista, e lo spettatore con lui, intuisce che dietro il desiderio di Laurentiu, sebbene senza che lui ne sia consapevole, si nasconde il conflitto tra regole e libertà. Attraverso questa ossessione, allo stesso tempo assurda e sublime, Porumboiu racconta anche il cambiamento del suo Paese, il passaggio dalla dittatura alla democrazia e dal Patto di Varsavia all’Unione europea per denunciare in maniera genialmente sottile la medesima sudditanza, pur con mezzi diversi, rispetto ad un potere esterno, collocato altrove e ben lontano da Bucarest. Significativamente, Laurentiu afferma di voler presentare il suo progetto di riforma alla FIFA, organo centrale del calcio che diventa sineddoche del mondo dominato dai burocrati di Bruxelless, occhiuti controllori di qualsiasi deviazione dalla norma. Quello immaginato da Ginghina è un calcio 2.0, o 3.0 o 4.0 ma che potrebbe essere anche 100.0, secondo le infinite possibilità del gioco di riprodursi e di cambiare. Folle e geniale, capace di mettere sul tappeto argomenti cruciali con grande intelligenza, Infinite Football conferma l’importanza di un autore prezioso e sempre più imprescindibile.

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Un pensiero riguardo “Berlinale 2018, Concorso e dintorni. Brilla la stella di Corneliu Porumboiu

  • 23 febbraio 2018 in 22:56
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    Thanks for the article post.Really thank you! Great.

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