Buon compleanno “2001”: torna nelle sale per due giorni il capolavoro di Stanley Kubrick
Per ordine e per volere di chi questo luogo e questo tempo
sono stati destinati a me?
Blaise Pascal, “Pensieri”
Innanzitutto, diamo subito l’annuncio: a cinquant’anni dalla sua prima uscita nelle sale, 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick torna al cinema per due soli giorni, il 4 e il 5 giugno, con una proiezione che sarà introdotta da Christopher Nolan, autore di Interstellar e grande ammiratore di Kubrick. Oltre quattro anni di lavorazione, quasi dieci milioni di dollari spesi (a fronte dei sei inizialmente previsti), tempi di realizzazione che si allungano a dismisura sia a causa di contrattempi sia per la proverbiale maniacalità del regista noto per il suo perfezionismo, un pericoloso incidente sul set (fortunatamente senza danni a persone), dovuto alla combustione di alcune lampade a contatto con alcuni attrezzi di scena di legno. 2001 fu al suo tempo la folle sfida di un grande avventuriero del cinema, totalmente dedito al suo lavoro, ostinato e pervicace servitore della settima arte, alla quale votò tutto il suo talento con generosa e radicale devozione. Una sfida, dunque. Vinta. Nell’anno della rivoluzione invocata, tentata, fallita, abortita, nel momento in cui le persone scendono in piazza per rivendicare un mondo rinnovato, la storia del cinema partorisce un’opera totalmente fuori dagli schemi, nata e realizzata come un’impresa rischiosissima che si rivelò un’esperienza visiva e sonora assolutamente inedita.
Ovviamente, fino all’uscita di 2001 il cinema aveva conosciuto grandi opere di fantascienza. Sin dai primordi, abbiamo le macchine sensazionali di Georges Méliès e il suo Voyage dans la lune, il kolossal sovietico Aelita di Jakov Aleksandrovič Protazanov, che precedette di qualche anno l’epocale Metropolis di Fritz Lang. Per non parlare della fantascienza low-cost di Jack Arnold (Il mostro della laguna nera, Tarantula, Radiazioni BX distruzione uomo), in quegli anni forse l’unico vero maestro del genere. E poi La cosa da un altro mondo di Christian Nyby e Howard Hawks, Assalto alla terra di Gordon Douglas, Ultimatum alla terra di Robert Wise, Il pianeta proibito di Fred McLeod Wilcox, L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel, giusto per citare alcuni esempi. Tuttavia, sin dal suo apparire, 2001 si pose come un’opera sconvolgente perché, nei modi scabri di un documentario scientifico, cambiò completamente la concezione della fantascienza al cinema. A differenza di buona parte delle opere citate, il film di Kubrick non inseriva elementi fantastici o polizieschi nella narrazione e, pur mostrando un’intelligenza aliena che cerca di mutare le sorti del mondo, conferiva ad essa la veste asettica di un monolito nero, anziché dargli le sembianze di mostri o creature che assalgono o invadono il pianeta Terra per conquistarlo.
In principio c’è l’incontro tra Kubrick e lo scrittore Arthur C. Clarke, presentato al regista come il miglior scrittore di fantascienza sulla piazza, ignorando nomi ben più quotati come Isaac Asimov, Ray Bradbury e Robert A. Heinlein, e l’adattamento di uno dei suoi racconti, The Sentinel. Si trattava di un breve testo che ruotava intorno a una spedizione sulla Luna da parte di alcuni scienziati, che avevano avvistato una costruzione piramidale dalla quale proveniva un forte luccichio. Su una materia tutto sommato esile (il regista si rese conto ben presto dello scarso valore del testo), Kubrick operò una trasformazione radicale facendone una straordinaria riflessione filosofica sulla nascita, l’evoluzione e il destino dell’Uomo. Si parte dagli ominidi, privi di parola e intelligenza. Quest’ultima irrompe poi nella storia umana, attraverso il monolito, come elemento alieno, che scatena subito la furia omicida: l’intelligenza è quindi violenza. È poi la volta dell’avvento dell’Uomo, moderno Ulisse alla ricerca del superamento delle colonne d’Ercole, la sua trasformazione in feto astrale attraverso una sorta di autoconcepimento, probabile ingresso nella Storia di un nuovo modello superomistico.
Infatti, tra le altre cose, 2001 sembra essere la rappresentazione plastica di alcune delle più famose teorie di Friedrich Nietzsche: l’eterno ritorno, il Superuomo che supera e trascende l’Uomo, il quale non è altro che essere al tramonto, un ponte che serve a garantire il passaggio da uno stadio all’altro. Also Sprach Zarathustra, gli accordi di Richard Strauss che incorniciano il film e si possono ascoltare in uno dei suoi momenti più celebri e salienti, sembra richiamare direttamente l’omonimo testo nicciano. Naturalmente, non stiamo sviscerando il senso del suo film, il suo “messaggio” (termine dal significato sempre più ambiguo e indefinito): si tratta solo di suggestioni, spunti, riflessioni, suggerimenti per un’opera che, sin dal suo apparire, mostrò tutta la sua inafferrabilità, la fervida ambiguità di cui era intrisa e che ancora oggi mantiene inalterato tutto il suo fascino. Alla sua uscita, il film divise immediatamente tra chi lo trovava “ipnotico” chi “di una noia abissale”, tra chi ammise di non averci capito nulla e chi ne parlò come del “trip definitivo”, il film da vedere e rivedere, possibilmente sotto l’effetto di droghe più o meno pesanti che aiutassero a goderne appieno. Michael Herr, scrittore e sceneggiatore che avrebbe poi lavorato con Kubrick allo script di Full Metal Jacket, raccontò di avere visto per la prima volta il film in un cinema “con un odore pungente di fumo di spinelli – parte del quale era il mio“. Ci asteniamo dal darvi incitamenti a riguardo limitandoci ad invitarvi caldamente a correre al cinema a godervi lo spettacolo. Se non lo avete mai visto, crediamo che non ci sia occasione migliore: se lo avete già visto ma mai al cinema, anche. Buon compleanno 2001: cinquant’anni e non sentirli.
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