Intervista a Marano, autore del disco Vico dell’amor perfetto: “Il mio album nasconde e rivela dei segreti”

Vico dell’amor perfetto è l’ultimo lavoro di Marano, musicista e cantautore napoletano classe ’87, scritto e musicato in collaborazione con Gabriel D’Ario, produttore artistico, e con Gian Paolo Fioretti, in arte Mux, che ne ha curato mastering e missaggio. Il disco, distribuito da Radici Music Records, è accompagnato dal singolo L’amore di Jana, con un video in time-lapse realizzato con i disegni di Alessia Iannone.

Marano, che nel 2011 ha fondato la band L’albergo dei poveri, con la quale si è esibito in manifestazioni come il Meeting del Mare e il Neapolis Rock Festival, è vincitore della prima edizione Premio della Canzone d’Autore “Raffaele Spasari” e il “Rock’n’Law”, contest promosso dalla label SubcavaSonora e da Radio Siani. Nel 2014 è finalista al Premio De André e scrive per i Jalisse il testo del singolo L’Alchimista, che due anni dopo sarà inserito anche nel best of del duo vincitore di Sanremo ’97.

Come si legge sulla sua biografia, grazie anche alla collaborazione con Gabriel D’Ario “Prendono così forma nuove composizioni che si inseriscono nel solco della tradizione cantautorale italiana, da Fabrizio De André a Gian Maria Testa, e che mettono al centro la parola nell’esplicita intenzione di valorizzare il senso della musica andando oltre le influenze del mercato musicale. Ha inizio così un profondo lavoro di ricerca in cui lo stile di scrittura poetico di Marano si fonde alla musica fino a trascinare l’ascoltatore in tempi e spazi diversi, mostrandogli quasi visivamente ciò che i brani raccontano.”

La chanson di Marano è dotata di un’acustica del pensiero sulle tracce di un romanticismo sanguigno e struggente. Una declinazione di sé intima e discreta, che percepisce una militanza del sentimento, ma, al tempo stesso, senza necessità di sfoggio e di esibizione. Molto distante dagli sforzi di quella temperie indipendente che tenta, forse invano, di ispirarsi ai modelli del cantautorato italiano di stampo folk e beat, Marano non sembra esprimere l’urgenza di un qualche genere di recupero, ma di prosecuzione. Un autore viandante perlustra i sentieri angusti di un’umanità tematizzata in dedica alla sensibilità. Un campionario intimo a scorrere tra le strettoie di una gioia del vivere la cui tensione esistenziale non sa rinunciare alle parole scritte col carbone nero sui muri delle strade e dei vicoli. Un separé di confidenze e confessioni che antepongono la sacralità del pudore ai rimedi salvifici. In fondo, forse, è quella la loro salvezza.

Le canzoni di Marano raccontano di amori, di anarchia, di solitudine e altre tragedie. C’è anche qualcosa che parla di lui?

Si dice che ogni volta che qualcuno parla di qualcosa, stia in realtà parlando di se stesso. In linea di massima “Pois” è il brano più personale del disco, nato da esperienze che ho vissuto in prima persona, ma in generale ogni canzone, al di là di quanto descriva su un piano esplicito, contiene parti di me. Anche prima di Vico dell’amor perfetto, che è la mia prima pubblicazione, ho scritto molte canzoni sotto forma di storie e in generale mi piace scrivere in modo simbolico e indiretto. E’ importante quello che dici, ma anche quello che ti viene in mente quando lo fai, quello che evochi, sperando possa suscitare qualcosa anche in chi ti ascolta.

               

A Genova la leggenda vuole che il “Vicolo dell’amor perfetto” custodisca i dolori di un sentimento mai consumato e rimasto irrivelato tra un re del Cinquecento e una nobildonna. L’album di Marano nasconde i suoi di segreti?

Le storie sono terze solo in apparenza e le leggende sono belle proprio perché dicono molto di tutti noi. Questa dell’amore non detto è una cosa molto affascinante, ognuno di noi almeno una volta nella vita non ha rivelato il suo amore e lo ha fatto vivere solo in una dimensione mentale al punto da renderlo ideale, perfetto. E quante cose non riveliamo? Per fortuna scrivere canzoni ti da, se non altro, il tempo di fermarti e rivelare qualcosa almeno a te stesso, così magari dopo puoi saperne un po’ di più di te. E’ questo il filo conduttore tra tutte le storie del disco. Quindi, l’album da un lato nasconde i segreti, ma dall’altro li rivela.

Come quel re, anche l’autore un giorno tonerà a cercare l’oggetto del suo segreto?

Non ha mai smesso di farlo, anche dopo averlo trovato. Le cose si possono scoprire e riscoprire e forse quello della ricerca è il migliore atteggiamento che ci sia. Pensa cosa significherebbe avere tutto subito, si sarebbe condannati a vivere senza desideri.

Tra i brani dell’ultimo album c’è una canzone dedicata all’anarchico Gaetano Bresci. L’anarchia spesso è travisata e mal raccontata. Parlarne oggi che senso ha?

La canzone non parla di anarchia, ma proprio di Gaetano Bresci e del suo gesto, frutto di una determinazione legata ad un ideale profondamente radicato. Questa canzone è nata per esprimere la semplice idea del credere fortemente in qualcosa e agire in coerenza con i propri ideali. Oggi la cultura dell’usa e getta, di cui si parla tanto, non riguarda solo la plastica, ma proprio i valori, i sentimenti e addirittura le persone, perché è difficile vivere profondamente un valore, è  molto impegnativo. Quando dico queste cose mi sembra di parlare come i vecchietti alla fermata dell’autobus, ma in fondo sappiamo tutti che hanno ragione!

De André, Testa e altri poeti cantori del secondo Novecento emergono tra le corde di Marano. Al netto di se stesso, cosa ne pensa della situazione attuale del cantautorato italiano?

Che ci sono canzoni che vanno e canzoni che restano. Forse molte di quelle che oggi ascoltiamo in radio andranno via e ci sarà una specie di selezione naturale. E’ appena uscito l’ultimo di Capossela, che ormai è tra i grandi, ieri ascoltavo Zibba e mentre scrivo suona The leading guy. Non mi sembra che il cantautorato stia messo male. Gli ascoltatori non sanno bene dove cercare e dovrebbe migliorare la comunicazione, questo si, ma sono molto fiducioso.

Alcuni dei protagonisti delle canzoni di Marano, come, per esempio, ‘Cartolina a Port’Alba – una specie di Bartleby ignota -, vivono un’attesa perenne. Oggi per Andrea Marano chi sono quelli che aspettano?

Che domanda difficile! Mi fa venire in mente le persone che partono… Quando mi fanno una domanda difficile di solito rispondo “Tu che cosa pensi al riguardo?”.

C’è qualcosa che Andrea Marano non ha ancora cantato e che non sa se un giorno racconterà?

Ci sono tante cose, mi piacerebbe scrivere della fine del mondo, ma forse è ancora troppo presto. Ci sono i temi ambientalisti che sono molto interessanti. Sicuramente mi piacerebbe parlare di qualcosa che ha rilevanza a livello sociale. Chissà che non mi verrà voglia di parlare anche di me in modo più diretto.

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