Luis Sepúlveda e una trilogia della fuga
Alla memoria di Luis Sepúlveda Calfucura
Il racconto di quell’esecuzione è diviso in sette giorni. Come la creazione. La genesi della morte che un killer professionista infligge alla donna che ama è scandita come l’opera di Dio. Solo che Luis Sepúlveda unisce il sesto e il settimo “atto” in un solo capitolo. Perché? Forse perché nel settimo il killer non si riposa, ma dà luogo a procedere per affrancarsi definitivamente dalla suo status. Il proiettile definitivo, quello che lo libererà per sempre dagli affari. Lo scrupolo nei panni del boia. La vita di un uomo che rispetta fino all’ultima missione il suo lavoro. Con gli occhi coperti pure davanti alla donna che ha amato. Del resto, una volta, fu proprio un guappo sudamericano, pare fosse argentino, ad affermare che dare e togliere la vita sono due forme della stessa responsabilità.
Diario di un killer sentimentale, uscito in Italia nelle edizioni Guanda, nel 1998, è la storia di un sicario, “L’uomo degli incarichi”, che, stanco di una vita condotta per togliere vite, reduce da una storia d’amore amara e segnante, sempre costretto a girare per il mondo come un condannato a condannare, si vede commissionare l’omicidio di un trafficante che ha interferito nel mercato statunitense degli stupefacenti. Quando il killer giunge a Città del Messico, sul luogo dove avverrà l’assassinio trova il suo obiettivo in compagnia della donna che lo ha lasciato e che ha profondamente ferito i suoi sentimenti.
Allora, il colpo mortale si raddoppia, prendendo la direzione dell’adempimento del dovere e quello del suo completamento. La perfezione del delitto regola i dolori di un protagonista per il quale parole come “pace” e “serenità” avranno sempre l’odore cimiteriale della morte che ogni volta vede negli occhi delle sue vittime. Stavolta, nella stretta finale di una ragazza francese che, cadendo per mano del suo ex innamorato, libera l’ignoto buio e definitivo di quella condizione che getta l’uomo nel disincanto assoluto.
Delitto, fuga, sentimento e solitudine sono alcuni degli elementi tipici del noir perfetto. Nel racconto dello scrittore cileno la colpa è assorbita senza ragione morale ma, di fatto, puramente strumentale. La macchina esistenziale del protagonista agisce secondo una normativa gelida e imperturbabile in cui un flusso di coscienza clandestino soccombe all’ordine costituito non secondo un sistema istituzionale (Stato, polizia o altre entità legalizzate), ma individuale. Che questo sia criminale assume un valore assolutamente funzionale sul piano narrativo. L’assassino obbedisce al protocollo facendolo a qualunque costo. L’esecutore è salvo, ma da arreso a quella parte di sé che vince sopra ogni altra cosa. Una modalità di prevaricazione del potere più agevole, che risparmia chi la interpreta in nome di una formula tragica inviolabile.
“La detonazione fu breve e secca. È così che latrano le Colt calibro trentotto.”
La stessa donna che aveva cercato negli occhi di un’altra il giorno prima di tornare a concentrarsi sulle ragioni del suo viaggio, nella narrazione di Sepúlveda si nasconde nell’interrogativo finale che rivela quanto sia spessa la coltre impenetrabile di un uomo innamoratosi per errore. Ritrovandola, o illudendosi di farlo, trascorrendo una notte con una ragazza sulla quale aveva voluto trasferire l’immagine di quella perduta, il killer si rifugia nel principio di ebbrezza dei ricordi, inoffensivi fino a quando qualcosa non li materializza nuovamente. Nel suo diario sentimentale, Sepúlveda non manca di puntare alla denuncia delle disparità tra gli uomini, in un verso degli eventi che ricalca le responsabilità dei disagi e delle ingiustizie.
“I poveri hanno fame e i ricchi hanno appetito”
Nella letteratura dello scrittore di Ovalle non possono assentarsi le sue istanze interiorizzate sin dai tempi della fuga dal Cile dopo l’instaurazione del regime in seguito alla rimozione violenta del governo Allende, ivi compresa una tormentata e sofferente esperienza in cui la sua vita per anni viene dilaniata da violente persecuzioni, da carcerazioni e da processi politici. Sepúlveda uscirà dal Partito Comunista per aderire ai socialisti, sottolineando, comunque, una notevole differenza tra il comunismo sovietico e quello sudamericano, preferendo quest’ultimo perché da sempre più vicino alle sensibilità popolari dell’America Latina (a differenza di quello russo, più incline a totalizzanti imposizioni di potere nelle sue aree di influenza). Una militanza letteraria e civile, la sua, costantemente legata ad andate e a ritorni, al perpetuo movimento inquieto e contraddittorio dei grandi fenomeni umani. Un immaginario popolato da figure ricorrenti, come verificabile nello stesso Diario di un killer sentimentale. Infatti, è in un altro racconto, intitolato Un nome da torero, in cui l’incarico solitario accompagna le vicende di protagonisti prigionieri di un mestiere della vita amaro e spietato.
Anche in Un nome da torero, Juan Belmonte deve recuperare qualcosa che è irrimediabilmente annodato ad altri destini. In particolare, quello di un agente dei servizi segreti della Germania Orientale. In questa vicenda, come in quella del killer sentimentale, Sepúlveda conduce i suoi personaggi dall’Europa in direzione di altri continenti, verso quella ‘Terra del Fuoco’, nel caso di Belmonte, che l’autore cileno restituisce asciugandola da retoriche e luoghi comuni nel suo racconto Patagonia Express. Destinazione narrativa presente nella letteratura di grandi autori come Bridges, Chatwin e Cassidy.
Una trilogia della fuga che non smuove di un millimetro il rigore interiore dei suoi protagonisti, per quel monito tragico per cui certi uomini restano piantati in loro stessi per tutta la vita. A spostarli può essere soltanto l’avvento di quella disillusione che, loro malgrado, giunge severa e implacabile come le armi che tanto a lungo hanno impugnato. Una lacrima li sorprende sostituendosi al sudore che ogni volta hanno sentito scorrere sulla fronte quando hanno premuto il grilletto. Tuttavia, tra gli eliminati c’è sempre qualcuno che non se ne va. Sono i fantasmi che fanno coppia con certi sentimentali.