Il Mangianastri – The Dark Side of the Moon/ Time/ Pink Floyd
di Alfonso Tramontano Guerritore
Le pareti del salone sono scomparse. C’è solo il pavimento di lastroni bianchi. La plancia di comando è un mobile di vetro scuro. Le casse diffondono suoni dallo spazio. Forse sono io, che li attraverso, in un fascio di luce, generato da un luogo che non posso vedere. Dentro la materia del bagliore sto percorrendo una distanza totale. Non so a chi chiedere dove mi trovo, mentre mio padre sembra non accorgersi di niente, perso in un cruciverba a forma di poltrona. Un orologio sa dell’infinito e fa il rintocco, il tintinnio accompagna il mutuare dei toni, nel movimento diventa una voce. Proprio una voce, una sola frequenza formata da strati sovrapposti. Se i cori fossero capaci di fingersi un accordo, scivolerebbero senza spigoli esattamente lungo questo esatto trasporto. Devo essere nato da un ritmo simile ai colpi, puntuali e scanditi, che mi portano in sospeso. Cè qualcosa di prossimo alla follia, in una schiera priva di forma. Che cos’ero. Che cosa sono. Da qualche parte c’è un prato tra i ricordi. C’è stato un mondo in grado di non ingannarmi. Quanti anni sono passati da questa musica? Erano gli scavi di un impero in rovina. Erano i corpi immobili per la catastrofe. Era appena ieri.
Alzo la testa, ho gli occhi coperti di sale. Mio padre non c’è più. Il suono è uguale, sotto i piedi c’è lo stesso colore bianco. Qualcosa mi fa sentire a casa, in una stanza dove i panorami si susseguono nel vorticare. Scorrono lentamente i cerchi del tempo. Ho un pensiero privo di paura, un sentimento di viaggio. Uno di questi giorni lo racconto. Costruisco le parole. Provo con le nuvole. Quelle sono nuvole.